“Più i segmenti della ruota si avvicinano al Centro, più si avvicinano tra loro”. Così Filippo ha scritto nel testo in cui raccoglie l’esperienza vissuta con i fratelli dell’Islam.
Leggo la sua esperienza di dialogo e collaborazione con i fratelli dell’Islam alla luce di alcune riflessioni.
Penso allo sviluppo della teologia attuale che sottolinea l’efficacia della Pasqua in rapporto a tutti gli uomini e alle altre religioni. L’indicazione della sua effusione sull’umanità “modo Deo cognito” è affermata già con chiarezza nella Gaudium et Spes n. 22. La sacramentalità dell’evento cristologico, come fascio di luce di Dio che prende “carne” e rinasce Chiesa, destinato alla piena manifestazione (che è motivo della Missione), riconosce e legittima la pluralità religiosa, come espressione della creatività rivelatrice e salvifica del Dio dell’Alleanza.
“Ci sono forme e modi di presenza e di azione Divine che non possiamo possedere perché note solo a Dio… il criterio del valore supremo dell’agape – amore gratuito – come motivo identificante dell’essere e dell’agire di Dio è luogo di incontro tra le varie espressioni religiose”. Crociata e P. Coda in “Il Dio crocifisso nelle grandi religioni”.
Viviamo un tempo che riflette un “disordine mondiale”, una tappa della storia che invita e provoca l’umanità a collegarsi secondo criteri di internazionalità (planetari) e di valori / principi che uniscono e fanno crescere la vita nei suoi vari aspetti. Penso a valori come benevolenza, compassione con chi soffre, bene comune, appartenenza, dignità dell’uomo, la pace. Sono valori che riconosciamo e sono trasmessi soprattutto dalle grandi tradizioni religiose.
Riguardo all’Islam
Siamo spinti a conoscere meglio la sua radice, spinti dai fatti che stanno avvenendo (IS in particolare), preceduti da:
- Guerra e forniture di armi (a tempi alterni) agli stati “canaglia”: Afghanistan – Iraq – Siria – Libia e in altri stati dell’Africa, con importanti interessi commerciali e non solo petrolio;
- Confronto culturale con la società laica dell’Occidente con un’etica che parte soprattutto dalla sociologia e dalla psicologia, “semplicemente insufficiente” come scriveva Papa Ratzinger;
- Sfide all’interno del mondo musulmano soprattutto tra sunniti, salafiti e sciiti…
- Necessità dichiarata di un’esegesi adeguata al sacro libro del Corano e il superamento di una visione islamico-centrica come ha detto Al-Sisi, Presidente dell’Egitto;
- Migrazioni legate alle guerre, al dissesto culturale con le conseguenze che si ripercuotono sui paesi ospitanti: disagio, paura, fastidio del diverso, persone senza lavoro…
“E come dimenticare la questione che forse ci tocca più da vicino, quella di culture (e non tanto di religioni) assai diverse da quelle che incrociamo nei nostri condomini? Odori, rumori, tempistiche, pulizia, convenzioni, preghiere… emerge così, tante volte senza una vera ragione, la paura o semplicemente il fastidio del diverso.” E’ quanto scrive M. Zanzucchi, nel libro edito da Città nuova: “L’Islam spiegato a chi ha paura dei musulmani” (autori vari – aprile 2015).
Rileggo alcuni pensieri di G. Scatolin riportati in Nuova Umanità, 142 e 146 (Dio e l’uomo in Islam)
+ Islam: puro monoteismo
Il nome di Abramo compare 245 volte nel Corano, è sottomesso a Dio… il pellegrinaggio alla Mecca è centrato sul ricordo di Abramo che avrebbe ricostruito la Kàaba = primo tempio monoteista.
Dio è il completamente Altro, il Trascendente.
La natura umana originaria è rivolta a Dio.
I sufi leggono volentieri l’ordine di Dio a Mosè di togliersi le scarpe prima di avvicinarsi al roveto ardente per purificarsi… annientamento assoluto, solo allora può avvicinarsi alla fiamma eterna dell’unità divina, e il sole dell’unità divina potrà rispecchiarsi nel cuore del sufi.
I 99 bei nomi di Dio (…il Clemente, il Misericordioso) sono lo sguardo di contemplazione dell’uomo su Dio (Allah).
Il sufi andaluso Ibn’arabi (1165-1240) parla del “soffio-sospiro del Misericordioso” da cui derivano tutte le sue manifestazioni come articolazioni di esso.
“Tanto più – dice Al-Junayd (910) – le menti dei ragionatori si inoltrano nella professione dell’unità di Dio, tanto più essi si inoltrano nella perplessità e nello smarrimento”.
Monoteismo e Trinità… ci si può domandare se la Trinità criticata dal Corano sia veramente quella del dogma cristiano.
+ L’uomo e Dio, l’uomo è il servo adoratore… (‘Ibăda). Al-Hallăj (922) martirizzato a Bagdad dai rigidi custodi dell’ortodossia islamica, scrive “il servo di Dio passa attraverso la povertà, la pazienza, l’abbandono, la gioia… o Dio, davanti alla gente ti invoco: o mio Signore. Ma nella solitudine ti chiamo: o mio Amato!”
E’ molto bella la testimonianza interiore del supremo amore a Dio di Al-Junayd nel pellegrinaggio alla Mecca: “Durante un pellegrinaggio alla Mecca, alcuni maestri sufi stavano discutendo sull’amore. Tra loro c’era Al-Junayd, che era il più giovane di tutti. Gli dissero: ‘O iracheno, dicci quello che tu sai sull’amore’. Egli abbassò la testa e pianse; poi rispose: ‘E’ lo stato di un servitore, che perduto a se stesso, ma unito al ricordo del suo Signore, occupato nel compiere i suoi diritti su di sé e con il cuore costantemente rivolto a Lui. Le luci della divina Essenza hanno bruciato il suo cuore; puro è il suo bere alla coppa dell’amore, e l’Onnipotente si è svelato a lui dai veli del suo mistero. Allora quando questo servitore parla, è per mezzo di Dio, se pronuncia un suono, è da parte di Dio, se si muove è per ordine di Dio, se si ferma è con Dio: egli è in Dio, per Dio e con Dio’.
Allora quei maestri piansero e dissero: ‘Dio ti renda forte, o corona degli gnostici’ “
Nuova Umanità 146, pag. 248-249
L’essere umano è concepito nell’Islam, come essere per la Trascendenza; la perdita della trascendenza è la causa della crisi dell’uomo moderno.
La collaborazione e il dialogo tra mistici cristiani e sufi può essere un arricchimento e un aiuto per salvare l’uomo di oggi dalla disgregazione.
Trovo molto bella la riflessione dettata ultimamente all’ONU da Maria Voce, (vedi Nuova Umanità, aprile – giugno 2015, n. 218):
“(…) La civiltà dell’Alleanza; una civiltà universale che fa sì che i popoli si considerino parte della grande vicenda, plurale e affascinante, del cammino dell’umanità verso l’unità. Una civiltà che fa del dialogo la strada per riconoscersi liberi, uguali, fratelli.
(…) Non dovrebbe forse l’ONU ripensare la propria vocazione, riformulare la propria missione fondamentale? (…) Cosa vuol dire, oggi, essere l’Organizzazione delle Nazioni Unite, se non un’Istituzione che davvero si adopera per l’unità delle nazioni, nel rispetto delle loro ricchissime identità? E’ certamente fondamentale lavorare per il mantenimento della sicurezza internazionale, ma la sicurezza, pure indispensabile, non equivale necessariamente alla pace.
I conflitti interni e internazionali, le profonde divisioni che registriamo su scala mondiale, assieme alle grandi ingiustizie locali e planetarie, richiedono una vera conversione nei fatti e nelle scelte della governance globale, che realizzi il motto di Chiara Lubich, che ha lasciato in questo luogo nel 1997, ‘amare la patria altrui come la propria’, fino all’edificazione della fraternità universale. (…)
La guerra è, per definizione, l’irreligione. Il militarismo, l’egemonia economica, l’intolleranza a tutti i livelli sono cause di conflitto unitamente a tanti altri fattori sociali e culturali di cui la religione costituisce solo un tragico pretesto. (…) Le religioni vogliono essere se stesse, non uno strumento utilizzato da altri poteri, fosse anche per fini nobilissimi, non una formula studiata a tavolino per risolvere conflitti o crisi, ma un processo spirituale che si incarna e diventa comunità che condivide e dà senso a gioie e sofferenze dell’uomo di oggi, convogliando tutto alla realizzazione dell’unica famiglia umana universale.”