Lettere di Paola Mugetti
Parma, 20 novembre 1969
Cara Edda,
(…) La vita di comunità è questo forse: un aiutarsi a far crescere l’amore fra di noi per portarlo a tutti. Così come il Vangelo e l’Eucarestia anche la comunità, intesa in questo modo, è un aiuto che il Padre ci mette a disposizione. ……..
Paola
Parma, 15 febbraio 1970
Cara Edda,
il tempo vola davvero, mi sembra di averti parlato ieri, per telefono, mentre sono già quindici giorni. Eppure non sempre ci si ricorda che nella vita tutto è provvisorio e ci si attacca, ci si preoccupa… Preghiamo perchè il Signore ci doni la grazia di saper dare a tutto il suo giusto valore. Mi viene in mente la nostra Maria che, pur ricevendo con gioia tutto ciò che la volontà di Dio metteva sulla sua strada, era anche disposta a lasciare tutto. Voglio dire che non pensava alla morte come a qualcosa di lontano o di molto terribile. E il Signore gliel’ha mandata improvvisa come un temporale d’estate. Avevamo parlato una sera di questa nostra provvisorietà e l’avevo sentita matura in questo discorso e sulla realtà che esso racchiude.
Ho ripensato ancora a ciò di cui avevamo parlato tempo fa, prima della tua partenza. Se il Signore vorrà che qualcosa si realizzi insieme, le mie idee sarebbero queste: formare una piccola fraternità sullo stile di Padre de Foucauld, con una consacrazione tutta interiore che non risulti né per l’abito né per il nome particolare; una consacrazione vissuta in un ambiente povero, e con le seguenti caratteristiche: fedeltà alla preghiera quotidiana (in silenzio davanti a Gesù e insieme confrontando la nostra vita col Vangelo), unità fra noi, impegno a condividere le condizioni dei fratelli che sono nel nostro ambiente, disponibilità al prossimo. (…)
Credo comunque che la cosa più importante, soprattutto ora, sia pregare e guardare a Gesù. In effetti, Lui solo può aiutarci a fare queste scelte e anche aiutarci a capire se è sua volontà che le facciamo. In fondo, l’essenziale non è la forma di vita ma la fedeltà interiore, raggiungibile in qualsiasi situazione.
…..
Paola
Parma, 8 maggio 1970
Carissima Edda,
(…) la ragione principale per cui desideravo scriverti è che ho ricevuto una lettera da Silvio che sarebbe stato bello leggere e meditare insieme. Non c’era il tempo di farlo domenica sera, ma lo faremo in seguito. Per ora ti riporto ciò che costituisce, fra noi, motivo di unione in modo particolare. Ne abbiamo anche già parlato insieme e a proposito della carovana.
“Siamo già una carovana in cammino, siamo nella chiesa e siamo chiesa. Il punto fisso è Gesù… tutta l’umanità, tutti i fratelli che hanno la gioia della certezza di Gesù ( tutti hanno in Lui origine e convergenza), sono nostri. E’ giusto però che facciamo catena con quanti incontriamo… sì, vi sono modi diversi di fare catena, la libertà è base dell’amore e anche del modo di manifestarlo (la libertà, l’onestà di ciascuno, il punto di maturazione – anche se non di merito – sono l’indice necessario).
E’ già la carovana qualcosa di visibile, mi chiedo tuttavia se un giorno Dio non la voglia anche più segno di quanto sia ora… avverti che in te e in altri fratelli si sta creando una risposta di chiesa, della chiesa di oggi. Amo anch’io tantissimo questa presenza visibile di Dio e per questo voglio tuffarmi in questo atto di amore e di vita. Sono tanto contento. Vedo una luce intensa, sento tanta pace e la comunione con tutta la chiesa. La chiesa non è struttura, ma amo anche la chiesa delle strutture e la servo facendo questo atto di amore. (…) con Attilio e Renato posso attuare qualcosa di particolare nel sacerdozio… insieme viviamo la comunione con voi e con voi la comunione nella consacrazione a tutta la chiesa e siamo tesi a edificare con tutti gli uomini il regno della giustizia, della pace (la causa del Figlio dell’uomo è anche quella dell’uomo).
Attilio andrà in Spagna. Saremo con lui, lui con noi. Un giorno in missione… noi con lui, lui con noi. Naturalmente la catena si allargherà, i cerchi – meglio la spirale – si moltiplicheranno.
W W W !!! Forse un giorno qualche gruppo della carovana si collocherà insieme con coloro che Dio manda in modo più ufficiale, e speriamo che presto le ruote del grande carro tocchino tutte per terra, combaciando armonicamente, anche se nella diversità dell’ampiezza e della sistemazione (ho visto tante volte in campagna, carri con ruote grandi e piccole…).
Che la chiesa risplenda anche nelle sue strutture! Ogni passo deve essere un atto e un segno di pace evangelica, che ha la forza di spezzare e superare le misure umane nostre e di tutti.
INSIEME, perché Lui con noi, avremo la forza di spostare le montagne. Nella carne Dio scrive il suo Vangelo per gli uomini, nella carne comunica il suo messaggio… se vuoi, fai sapere anche ad Edda quanto ho scritto. “
Cara Edda, sono tanto contenta! Mi chiedo come mai la mia miseria sia invasa da tanta grazia. Poi, pensando alle ruote del carro, capisco tutto.
Siamo unitissime perché in questo consiste la salvezza.
Paola
(estratto dal fascicolo realizzato a Parma il 29/06/1996 ALCUNE LETTERE PAOLA MUGETTI)
Felegara, 20 maggio 1976
Caro Silvio,
grazie delle tue lettere. Come vedi sono ancora a Felegara. Continuiamo ad assistere Ada giorno e notte: non mi sento di andare a Roma in questo momento. Inoltre non sappiamo ancora se Ada vivrà: le sue condizioni sono piuttosto gravi.
Io vado e vengo da Parma, sto abbastanza bene e sono anche serena. Non prego molto, ma sento che Gesù è presente e cerco di tenermelo vicino così con semplicità in ogni momento e come Lui si presenta. Passo parecchio tempo all’ospedale e mi sembra di vedere con più lucidità di tempo fa, di quanto dolore è pieno il mondo: ho visto e sentito la morte una cosa reale come toccare un pezzo di terra, ne ho provato spavento, ma il Signore è grande, mi sembra che mi abbia dato come una forza nuova, che non è solo serenità, è dolore vivo e capace di una speranza più che mai vera, di una speranza che è Dio stesso in eterno. Vorrei parlarne con mia mamma, ma è così difficile; a volte mi vergogno di mangiare, bere, dormire quanto esiste gente senza più niente di tutto ciò: e poi penso che arriverà anche per me il giorno e l’ora.
In questi giorni ci sono grosse polemiche qui perchè R. La Valle, Pratesi e altri si sono presentati come candidati nelle liste indipendenti del PCI. (…)
Io mi chiedo se (queste polemiche) sono cose che a Dio interessano. Io mi chiedo se la fede non va oltre il militare in un gruppo o in un altro. Io non voglio difendere a tutti i costi una posizione, ma mi sembra che Cristo abbia annunciato un messaggio che non si fermava né nel tempo, né nello spazio, né nelle ideologie, ecc., ma va oltre non solo perchè siamo chiamati alla Resurrezione ultima, ma perchè ci chiama ora nel tempo presente ad essere testimoni oltre i limiti dell’uomo, degli uomini. Gesù è stato l’uomo dei dolori perchè è stato l’uomo libero per eccellenza: e anche noi la nostra libertà, se vogliamo seguirlo, passa nella carne-vita del nostro tempo così come si presenta.
Gesù non ha mai condannato, né difeso delle dottrine, e direi non ha mai difeso delle “opere”, Lui camminava e annunciava la “buona novella”, si faceva presente “oltre” le meschinità degli uomini, le divisioni, le ingiustizie, le sofferenze.
Io voglio bene al Papa e ai Vescovi, ma mi sembra che loro vogliano “difendere” sempre qualche cosa, una difesa di paura: mentre Gesù (nelle tentazioni, davanti a Pilato) ha una difesa di Amore.
Caro Silvio, vorrei anch’io dare il mio piccolo contributo d’Amore al mondo, ma mi sento piccola e incapace: vorrei almeno non tradirlo, poi Lui farà.
……..
Edda
Lunungi, 4 gennaio 1977
Scrivo queste righe con l’intenzione di partecipare al dialogo che la comunità Saveriana sta vivendo in questi giorni attraverso la preparazione del Capitolo.
Parlo della mia esperienza religiosa: in altri tempi l’avrei vista quasi esclusivamente un problema personale; ora per il rispetto e l’amicizia sperimentata mi sembra un momento di fede e di fraternità, e il comunicarla aiuta a vivere insieme la ricerca della volontà di Dio. La lettura del Vangelo nell’ascolto dell’umanità di oggi; l’esperienza di questi anni a contatto con la sofferenza e l’ambiente del lavoro mi ha fatto sentire più forte l’impegno di esprimere la consacrazione religiosa nelle difficoltà che gli uomini incontrano e vicino il più possibile alla vita di tutti.
Nell’attesa di vivere in missione ho chiesto e ottenuto con l’accordo della Direzione Generale e del Cardinale Vicario di Roma di vivere, assieme ad altre persone, tra le famiglie della periferia.
Si è cercato di stabilire un rapporto di amicizia e di Fede, di solidarietà (attraverso un servizio sociale, sanitario, scolastico) adoperandosi insieme per la soluzione dei problemi del quartiere.
Lo scorso anno sono stato contento di lasciare quell’impegno per poter vivere direttamente la fraternità tra i popoli nel nome di Gesù e testimoniare la salvezza e la pace che il Signore opera ogni giorno anche nella mia debolezza.
Ho chiesto di partecipare alla vita e alla crescita del popolo di Dio cercando di essere dentro il più possibile alla vita di tutti: abitazione, lavoro, problemi nello spirito delle Beatitudini, preparando e appoggiando con la celebrazione dell’Eucarestia la vita di una comunità vivente, dove maggiormente si sarebbe vista la necessità.
Ho desiderato continuare il legame di vita (in cammino verso il Paradiso) nell’opportuna distinzione di abitazione e di momenti con nuclei di consacrati e sposati concretizzato nell’aiuto reciproco a vivere l’ideale proposto da Gesù sia per l’individuo che per la società; nella comunione dei beni; nel vivere insieme i problemi che la preferenza dei poveri esige. In gruppo si è così orientati a esprimere un’esperienza di Vangelo che sia un inizio di Chiesa e un’occasione di crescita dell’uomo.
Ho stima per i confratelli che lavorano in Italia e in Missione e vedo la necessità per la Chiesa di una rete stabile che garantisca una presenza e una attività pastorale a tempo pieno per la Comunità Cristiana; mi sembrerebbe tuttavia di mancare di fede rinunciando a credere che continuamente e in modi diversi Dio opera nella Sua Chiesa. Forse anche i piccoli gruppi dispersi nel popolo di Dio, con tutti i vantaggi e gli svantaggi che questo comporta, ma profondamente legati alla vita di tutta la Chiesa, possono essere un piccolo segno della Sua Presenza.
E’ una consacrazione, in certa misura diversa, rispetto a quella tradizionale: una presenza religiosa meno stabile e ufficiale e nello stesso tempo più elastica e discreta.
Mi sembra sia presente, oggi, nella vita della Chiesa una complementarietà di modi di consacrazione legati tra loro da una rapporto di vita, aventi origine da un unico carisma.
Gli orientamenti, nell’Istituto Saveriano, delle Comunità Religiose (sacerdoti e fratelli) sono delineati nella vita e nella storia dell’Istituto con chiarezza: sono e saranno una dono sicuro per la Chiesa.
Mi chiedo tuttavia se allo stesso Carisma Missionario di cui l’Istituto ha ricevuto conferma dalla Chiesa non possano essere collegati altre forme di Consacrazione: nuclei di sacerdoti, laici consacrati e sposati che si ritrovano nella stessa finalità.
Ciò consentirebbe un fruttuoso collegamento con gruppi che troverebbero nelle mani dell’Istituto la stabilità e la continuità necessaria, pur mantenendo quell’agilità e quell’inserimento nel mondo che ne giustifica e ne richiede la loro presenza.
Il gruppo potrebbe essere collegato, nella sua autonomia (necessaria perchè viva il suo essere nel mondo) all’Istituto mantenendo con esso un impegno di verifica della sua vita, dei suoi programmi e della sua finalità.
15 settembre 1977
Carissimo Silvio,
(…) Sono molto contento della tua decisione circa la professione perpetua e soprattutto sono contento di come questa decisione è stata raggiunta, nel dialogo e nella attesa, senza forzare niente.
Il Signore ci ha aperto a poco a poco la strada. Se sempre si potesse andare avanti adagio e se avessimo la pazienza di aspettare.
Ma spesso noi vogliamo imporre anche al Signore i nostri ritmi occidentali, trasformando il tempo della grazia in tempo della rapidità. (…)
Padre Gabriele Ferrari
Dall’esortazione apostolica EVANGELII GAUDIUM = LA GIOIA DEL VANGELO n. 87 di Papa Francesco.
“Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio (…)
In questo modo, le maggiori possibilità di comunicazione si tradurranno in maggiore possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti.
Se potessimo seguire questa strada, sarebbe una cosa tanto buona, tanto risanatrice, tanto liberatrice, tanto generatrice di speranza!(…)”